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Sono 7.100.00 i venezuelani rifugiati o migranti nel mondo, di questi 5.960.000 sono in America Latina e nei Caraibi. Più precisamente i venezuelani che hanno lasciato il loro Paese spinti dalla violenza o dalle condizioni economiche sono 2.480.000 in Colombia, 1.490.000 in Perù, 502.200 in Ecuador, 448.100 in Cile,  365.400 in Brasile, 144.500 a Panama, 115.300 nella Repubblica Dominicana, 82.900 in Messico, 35.300 a  Trinidad e Tobago, 30.100 in Costa Rica. Il resto è sparso negli altri Paesi dell’area. Mentre 1.140.000 migranti venezuelani sono attualmente in altre nazioni extra America Latina. Non ultimo negli Stati Uniti, dove il numero della migrazione venezuelana è salito alle stelle nell’ultimo decennio, mentre nel 2022 ha rappresentato circa il 71% degli oltre 150.000 esseri umani che sono entrati a Panama attraverso la pericolosa giungla di Darién, al confine con la Colombia. Uno studio pubblicato ieri dall’ufficio del difensore civico colombiano ha rivelato che 10.000 migranti, per lo più venezuelani, sono bloccati in un villaggio nel nord-ovest del Paese in attesa di una nave per attraversare il Golfo di Urabá per poi entrare nel Darién.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu, “per comprare cibo o evitare di vivere per strada, molti venezuelani sono costretti a ricorrere al sesso per sopravvivere, all’accattonaggio o all’indebitamento”. Più in dettaglio, il documento denuncia che dei quasi 6 milioni di venezuelani che sono in America Latina e nei Caraibi, 4.300.000 mancano di servizi di base, cibo e occupazione formale nonostante gli sforzi di regolarizzazione e sostegno nei paesi ospitanti. “La metà della popolazione rifugiata e migrante nella regione non può permettersi tre pasti al giorno”, hanno detto i rappresentanti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nel presentare il rapporto.

Non mancano i progressi significativi ottenuti nelle politiche di regolarizzazione e documentazione in gran parte dell’America Latina e dei Caraibi, ma l’aumento dei bisogni umanitari come risultato dell’attuale crisi dimostra la necessità di migliorare l’accesso ai servizi e ai bisogni di base. L’aumento accelerato del costo della vita, l’impatto della pandemia e la disoccupazione hanno esacerbato la vulnerabilità dei venezuelani che emigrano. Secondo Eduardo Stein, rappresentante dell’UNHCR e dell’OIM, “i paesi ospitanti hanno mostrato una leadership costante nella loro risposta alla crisi, adottando misure di regolarizzazione e facilitando l’accesso alla salute, all’istruzione e ad altri servizi sociali”, ma non è sufficiente.

“Le persone che arrivano dal Venezuela vogliono condividere le loro competenze e conoscenze, e contribuire alle comunità che le hanno accolte con generosità (…) In un momento in cui il mondo sta affrontando numerose crisi umanitarie, non dobbiamo dimenticare i venezuelani e i Paesi che li ospitano”, ha aggiunto Stein, che ha chiesto alla comunità internazionale di non trascurare questa crisi mentre è alle prese con altre molteplici sfide umanitarie. Il rapporto cita casi come quello dei venezuelani dell’Ecuador, dove l’86% dei membri del gruppo dice di non avere un reddito sufficiente per soddisfare i propri bisogni di base, o quelli del Cile, dove il 13%  vive sotto la soglia di povertà. E la Colombia, dove il 29% dei figli di migranti e rifugiati venezuelani non può iscriversi alle scuole perché le loro famiglie non hanno le risorse sufficienti per pagarle.

Sempre ieri le autorità del Guatemala hanno riferito che circa 400 migranti irregolari, la maggior parte venezuelani, sono partiti in autobus verso nord da un terminal della capitale in direzione della frontiera messicana con destino finale gli Stati Uniti.