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Eletto presidente del Salvador nel 2019, a Nayib Bukele è riuscita l’operazione di mettere fine a trent’anni di bipartitismo affermatosi dalla fine della guerra civile in poi, in cui il Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN), nel quale aveva inizialmente militato, e l’Alleanza Repubblicana Nazionalista (ARENA) si sono alternati al potere.

Grazie alla grande popolarità che mantiene nei sondaggi, Bukele ha approfittato della schiacciante maggioranza a suo favore in Parlamento per riformare gli organi giudiziari e le istituzioni a suo piacimento al fine di instaurare un potere personale senza contrappesi. Accusato per le sue scelte autoritarie, sono centinaia le denunce contro di lui per violazioni dei diritti umani e per aver perseguitato chiunque gli si oppone. Attualmente, il governo è impegnato in una “guerra” contro le pandillas, accusate di aver commesso la maggior parte degli omicidi registrati nel paese, che, secondo Bukele, sarebbe “in procinto di vincere”.

Ieri, centinaia di salvadoregni sono scesi nelle strade principali della capitale per l’anniversario dell’indipendenza dell’America Centrale, per protestare contro il governo, mentre altre centinaia di cittadini hanno festeggiato assistendo alla sfilata promossa dall’esecutivo.

Organizzazioni della società civile hanno convocato una marcia di  protesta contro il governo, la quinta dal 7 settembre dello scorso anno, quando gli oppositori erano scesi in piazza per protestare contro l’approvazione della legge sui bitcoin che permette l’uso della criptovaluta come metodo di pagamento insieme al dollaro.

Le motivazioni dei manifestanti sono state questa volta le decisioni di Bukele che da tempo ha introdotto il regime di emergenza con lo scopo di combattere le bande criminali. Il Parlamento, a larga maggioranza governativa, ha approvato la misura e l’ha estesa in sei occasioni per periodi di trenta giorni ciascuno. A seguito di ciò, le autorità riportano più di 52.500 arresti e le organizzazioni umanitarie più di 6.500 denunce di violazioni dei diritti umani.

Durante il suo mandato, Bukele è riuscito a far si che la Camera Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia, nominata da lui l’anno scorso, permettesse questa opzione, fino ad allora vietata, nel settembre del 2021. Fino ad allora, secondo l’articolo 152 della Costituzione, i presidenti al potere da cinque anni, come sarà il caso di Bukele nel 2024, non potevano ricandidarsi per un periodo consecutivo. Dopo questa decisione, il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) aveva annunciato che avrebbe rispettato l’ordine della Camera Costituzionale a condizione che il presidente si dimettesse sei mesi prima del mandato. 

La sentenza, oggetto di molte critiche, gli ha spianato la strada ad una seconda elezione consecutiva, e in tal modo Bukele è il primo presidente dal ristabilimento della democrazia che ha la possibilità di tentare la rielezione, richiesta a gran voce dai suoi seguaci, mentre fino ad ora Bukele non si era mai espresso.

Ieri ha annunciato che si presenterà nelle elezioni del 2024, confermando la deriva autoritaria sullo stile del vicino Nicaragua, che ha impresso al paese.

“Dopo aver parlato con mia moglie Gabriela e la mia famiglia, annuncio al popolo salvadoregno che ho deciso di correre come candidato alla presidenza della Repubblica”, ha detto il presidente in un messaggio dalla Casa Presidenziale in occasione del Giorno dell’Indipendenza.

“Dopo 201 anni, finalmente viviamo una vera indipendenza. Ma questo non è stato solo grazie al lavoro del nostro governo, ma perché tracciamo il nostro destino e non obbediamo ai dettami internazionali”, ha detto Bukele in un discorso trasmesso su una rete radiofonica e televisiva nazionale.

L’ annuncio era atteso e conferma il percorso verso l’autoritarismo in stile nicaraguense che si sta già vivendo in El Salvador. Un processo che ha visto dapprima lo svuotamento delle autonomie istituzionali, seguito dall’attacco contro tutti i settori che non sono affini al governo, a cominciare dalla stampa non allineata. Alla fine, la rielezione del presidente quando è vietata.

Ora, secondo molti critici del presidente, all’opposizione spetta di non fare lo stesso errore commesso dall’opposizione venezuelana che aveva deciso di non competere nelle elezioni parlamentari del 2020. Il cui esito ha fornito al partito al governo la possibilità di vincere senza problemi e di estendere ancor più il proprio controllo sociale. Mentre invece l’opposizione salvadoregna deve cercare un modo per guadagnare una quota di potere maggiore per poter bilanciare un po’ la situazione politica attraverso la sua presenza nell’Assemblea Legislativa e nei consigli comunali.