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Cristina Fernández de Kirchner, vicepresidente dell’Argentina, è stata condannata a sei anni di prigione per la causa “Vialidad”. La Procura aveva accusato la vicepresidente di aver guidato un’associazione illecita che ha promosso, insieme ad altri funzionari, contratti milionari per opere stradali troppo care e persino inutili. Fernández de Kirchner è stata dichiarata colpevole di amministrazione fraudolenta e di danno alla pubblica amministrazione, reati commessi durante il periodo che copre le sue due presidenze (2007-2011 e 2011-2015), attraverso la distrazione di fondi dallo Stato per il suo beneficio personale o quello di un terzo. Durante il processo, Cristina ha respinto le accuse denunciando di essere oggetto di persecuzione politica

La vicepresidente non era presente in tribunale alla lettura della sentenza che ha ascoltato dal suo ufficio. Oltre alla pena detentiva, che Cristina non sconterà e contro la quale può appellarsi avviando un iter processuale che potrà durare anche anni, la sentenza prevede l’interdizione perpetua dall’esercizio di cariche pubbliche per frode a danno dello Stato.

Di fatto il verdetto si situa a metà tra quanto era richiesto dall’imputata che aveva chiesto di essere assolta, e quanto chiedevano i suoi accusatori che la volevano condannata per il reato di associazione illecita, per cui era prevista una condanna a dodici anni di carcere. Nello schieramento peronista e soprattutto nella fazione kirchnerista che in passato ha accusato il presidente Alberto Fernández di non aver difeso a sufficienza la sua vice, la convinzione è che il processo è l’esito preannunciato di una strategia che aveva l’obiettivo di colpire Cristina, una delle figure più potenti della politica argentina e possibile candidata alle presidenziali del 2023 in sostituzione dell’attuale capo dello Stato considerato troppo debole.

Al di là dell’esito processuale, il significato politico della sentenza di oggi è destinato a incidere pesantemente sulla vita dell’Argentina, tanto più che è anche la prima volta che un vicepresidente in carica viene condannato per frode a danno dello Stato. Secondo il magistrato inquirente Diego Luciani, la vicenda che ha portato alla condanna di Cristina e di altri con lei imputati è costata allo Stato argentino la somma di un miliardo di dollari.

La condanna era scritta”, ha detto Cristina pochi minuti dopo che la sentenza è stata conosciuta, ribadendo ciò che aveva detto nel 2019 davanti alla Corte, quando ha anticipato che sarebbe stata dichiarata colpevole.

“Questo è uno stato parallelo e una mafia giudiziaria”, ha accusato. “E la conferma dell’esistenza di un sistema parastatale in cui si decide sulla vita, il patrimonio, la libertà degli argentini, che è fuori dai risultati elettorali”. Sostenendo di essere vittima di una campagna contro di lei, la vicepresidente ha assunto una posizione comune tra politici populisti nei confronti della giustizia.

Cristina ha sottolineato che la “conferma” di questa persecuzione è stata una fuga illegale di una chat di Telegram, diffusa da alcuni media lunedì, che avrebbe rivelato l’esistenza di un viaggio segreto condiviso da funzionari dell’opposizione, magistrati, procuratori ed ex agenti dell’intelligence.

“Mi condannano perché condannano un modello di sviluppo economico e di riconoscimento dei diritti del popolo. Ecco perché mi condannano”, ha detto. Ha anche assicurato che l’obiettivo del processo era quello di toglierla dal potere. E alla fine ha annunciato che non si candiderà alle elezioni de 2023.