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Sono ripresi sabato scorso a Città del Messico i negoziati tra governo venezuelano e opposizione interrotti nell’ottobre del 2021. Un primo risultato, al quale il governo aveva subordinato il suo ritorno al negoziato, è stato lo scongelamento di conti statali venezuelani all’estero, dove risiedono circa 3.000 milioni di dollari sequestrati. E, come era stato stabilito, l’avvio dei colloqui è stato preceduto dalla firma di un accordo teso a sbloccare quei fondi che saranno destinati al sostegno delle popolazioni vulnerabili.

A seguire, in un incontro di ieri con la stampa straniera nel Palazzo Miraflores a Caracas, il presidente Nicolás Maduro ha ribadito che lo svolgimento di elezioni libere nel 2024 è subordinato alla revoca delle sanzioni internazionali. “Se vogliono elezioni libere, vogliamo elezioni libere da sanzioni. Questo è il problema, che le tolgano tutte affinché possiamo celebrare elezioni libere e trasparenti, nel tempo stabilito dal Consiglio Nazionale Elettorale e dalla Costituzione”.

Maduro ha anche definito un passo nella “direzione corretta” la recente autorizzazione che gli Stati Uniti hanno concesso al gigante petrolifero Chevron al quale è stato consentito di tornare a pompare in Venezuela. Precisando che “non è abbastanza”, il presidente venezuelano ha chiesto a Washington la revoca totale delle sanzioni che gravano sull’industria petrolifera del Paese.

“L’idea di far uscire il Venezuela dal circuito economico del mondo è stata una cattiva idea, un’idea estremista di Donald Trump, e la stanno pagando perché il Venezuela fa parte dell’equazione energetica mondiale”, ha detto Maduro. Il presidente venezuelano ha anche chiesto all’amministrazione Biden di restituire al suo governo il controllo di Citgo, una filiale di Petróleos de Venezuela (Pdvsa) che opera negli Stati Uniti, data in concessione al leader dell’opposizione Juan Guaidó nel 2019.  “Citgo è di proprietà del Venezuela, e uno degli elementi fondamentali per continuare a procedere nei negoziati è che Citgo torni completamente al Venezuela.”

Chevron era stata autorizzata sabato a riprendere le sue attività nelle quattro joint venture che ha con Pdvsa, anche se il Dipartimento del Tesoro aveva chiarito che lo Stato venezuelano non dovrà beneficiare di fondi provenienti dalle vendite della società statunitense. L’annuncio era venuto dopo che il governo e l’opposizione avevano firmato il succitato accordo per gestire i 3.000 milioni di dollari bloccati all’estero al fine di destinarli a progetti sociali.

Nel corso dell’incontro con la stampa, il presidente ha difeso la tesi secondo la quale l’origine della crisi venezuelana di questi anni sarebbe imputabile alle sanzioni, escludendo ogni responsabilità del suo governo. E circa i fondi sbloccati, ha precisato che “stiamo negoziando con i rappresentanti dei sequestratori, con gli inviati dei sequestratori, ed è stato possibile firmare un accordo con i rappresentanti dei sequestratori del denaro del Venezuela per investire nel Paese”. Maduro ha anche ricordato che sull’economia nazionale pesano circa 600 sanzioni “che hanno un impatto specifico sul settore petrolifero e produttivo”. E ha addossato la responsabilità della crisi di questi anni agli ambienti “della destra golpista, interventista, terroristica e progringa (pro-americana)” dell’opposizione venezuelana”.

Dal canto suo, obiettivo dell’opposizione è ottenere che le elezioni presidenziali siano celebrate nel 2024 sotto il controllo di organizzazioni internazionali e con la garanzia che saranno trasparenti e giuste. Per individuare un candidato comune che sfidi Maduro, l’opposizione ha intenzione di organizzare elezioni primarie di tutto lo schieramento. Mentre sostiene che nel 2018 l’attuale presidente ha vinto in modo fraudolento, provocando la nascita del governo ad interim di Juan Guaidó.
La cui figura di principale rivale politico di Maduro, sostenuto dagli Stati Uniti, negli ultimi tempi si è appannata, determinando dubbi e distinguo nelle file dell’opposizione. Tanto è vero che molti dei membri della delegazione dell’opposizione che sta trattando in Messico,  credono che sia giunto il momento di porre fine a quel governo parallelo e cercare di sconfiggere il chavismo sul proprio terreno. Non manca anche chi ritiene che Guaidó alla fine non sarà riconfermato in carica.

Intanto le organizzazioni non governative del Venezuela Justicia, Encuentro y Perdón (JEP) e Familia SOS Libertad hanno chiesto martedì che nei negoziati si affronti il tema della liberazione dei prigionieri politici, un punto che l’antichavismo prevede di affrontare. In un suo comunicato, JEP ha deplorato che nella prima riunione tale tema “non è stato incluso come punto all’ordine del giorno”.