Due news oggi dall’America Latina. La prima riguarda il presidente colombiano Gustavo Petro che ha annunciato attraverso il suo account Twitter che questo fine settimana riprenderanno i negoziati tra governo e opposizione venezuelani a Città del Messico con la mediazione norvegese, interrotti nel 2021 dal governo dopo l’estradizione negli Stati Uniti dell’uomo d’affari colombiano Álex Saab, presunto prestanome di Nicolás Maduro.
Pur non essendoci conferme ufficiali, i colloqui avranno come fine la ricerca di una soluzione politica della crisi venezuelana, affronteranno i temi delle prossime elezioni presidenziali, delle centinaia di prigionieri politici. Altro punto che sarebbe toccato, quello delle sanzioni statunitensi e della costituzione di un fondo di tre miliardi di dollari sostenuto dalle Nazioni Unite da destinare ad aiuti umanitari. Dal canto suo Washington aumenterebbe la produzione della compagnia petrolifera Chevron non appena il dialogo avrà inizio.
L’annuncio di Petro viene dopo l’incontro di qualche giorno fa a Parigi nel quadro del V Forum della Pace, in cui le due parti venezuelane hanno accettato di sedere allo stesso tavolo con il presidente Emanuel Macron, quello argentino Alberto Fernández, il ministro degli Esteri norvegese Anniken Huitfeld e lo stesso presidente colombiano. Durante la riunione si era concordato di riprendere i negoziati entro la fine dell’anno.Tra gli obiettivi dei colloqui la fissazione di una data certa delle elezioni e la presenza di osservatori internazionali che controllino la loro correttezza.
L’apertura al Venezuela, fino a poco fa isolato a livello internazionale, si spiega con la guerra in Ucraina e con le successive sanzioni contro il petrolio e il gas della Russia che hanno generato una crisi energetica in Europa e forti ripercussioni negli Stati Uniti. Conseguentemente diversi Paesi hanno cominciato ad impegnarsi per trovare una soluzione alla crisi venezuelana.
In questo quadro, Caracas ha cominciato ad essere vista in modo diverso dalla comunità internazionale desiderosa di restituirle la normalità politica, precondizione per poter accedere ai suoi giacimenti petroliferi. Non a caso, gli stessi Stati Uniti sarebbero pronti a dare il via libera all’aumento delle operazioni della compagnia Chevron già da sabato prossimo, con un conseguente impatto positivo sull’economia venezuelana. La notizia è stata pubblicata ieri dal Wall Street Journal che sottolinea come l’apertura arriverebbe proprio mentre le sanzioni occidentali contro la Russia minacciano le forniture globali. E fa seguito a quanto il giornale aveva già reso noto in passato riguardo la volontà dell’Amministrazione Biden di alleviare le sanzioni in Venezuela, consentendo a Chevron di pompare petrolio in cambio dell’accettazione da parte di Caracas di aprire colloqui con gli oppositori politici, con l’obiettivo di libere elezioni nel 2024. Quest’anno i funzionari statunitensi hanno cercato di facilitare il ritorno ai negoziati tra Nicolas Maduro e l’opposizione del Paese, offrendo un leggero alleggerimento delle sanzioni e rilasciando alcuni venezuelani nelle carceri statunitensi.
La seconda notizia riguarda il Brasile dove al Partito Liberale è stata inflitta una multa di più di quattro milioni di dollari da parte del Tribunale Superiore Elettorale per aver chiesto l’annullamento del secondo turno delle ultime elezioni presidenziali. La multa è stata decisa da Alexandre de Moraes, presidente del TSE, ed ammonta a 22,9 milioni di reais, più di quattro milioni di dollari perché a suo giudizio la richiesta del Partito Liberale era viziata da “malafede”.
Il PL aveva messo in dubbio la regolarità del 61% delle urne elettroniche utilizzate nel secondo turno delle elezioni del 30 ottobre. Non avendo avuto stranamente nulla da eccepire sul loro funzionamento al primo turno, quando il partito era stato premiato dal voto nei due rami del parlamento. Il PL aveva quindi chiesto una revisione del solo conteggio del ballottaggio che aveva premiato Lula, uscito vincitore su Bolsonaro con un vantaggio di due milioni di voti. La risposta del TSE non si è fatta attendere, e ha fatto sapere che l’unica ragione che avrebbe spinto ad una revisione del risultato sarebbe stata la irregolarità del funzionamento delle urne elettroniche in entrambi turni elettorali. “La totale malafede del querelante nella sua stravagante e illecita richiesta apparentemente offensiva dello Stato Democratico di Diritto e fatta in modo irrilevante allo scopo di incoraggiare i movimenti criminali è stata provata”, ha detto il magistrato. Mentre ha aggiunto che c’è stata una “totale assenza di segni di irregolarità” e ha definito la narrazione del PL “totalmente fraudolenta”.