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La Colombia è uno dei paesi più pericolosi al mondo per i difensori della terra e dell’ambiente. Il bilancio degli ultimi dieci anni è tremendo e registra l’uccisione di 332 difensori della terra e dell’ambiente tra il 2012 e il 2021. Solo lo scorso anno, gli assassini sono stati 33, il che l’ha resa il secondo paese più letale per i leader ambientalisti a livello mondiale. Oltre a ciò, la regione è anche altamente vulnerabile ed esposta agli impatti irreversibili dei cambiamenti climatici.

Come si legge in “A Decade of Defiance”, il recente rapporto di Global Witness, (https://www.globalwitness.org/en/) l’organizzazione che si batte per un pianeta più sostenibile, giusto e uguale, gli omicidi di ambientalisti sono solo la punta dell’iceberg. I difensori della terra e dell’ambiente sono infatti esposti anche ad innumerevoli minacce, molestie; a sorveglianza e alla criminalizzazione. Quando un ambientalista protesta contro una società mineraria che opera senza consultare le comunità locali, quando denuncia l’inquinamento idrico prodotto da una compagnia petrolifera, o quando si oppone allo spostamento forzato di una comunità, ne paga un prezzo.

Il governo colombiano aveva aderito all’accordo di Escazú nel 2919. Un trattato che ha un respiro regionale e che mette in atto nuove protezioni per coloro che difendono il loro diritto alla loro terra e a un ambiente sano. I suoi tre obiettivi principali sono l’accesso alle informazioni, la partecipazione e la giustizia ambientale, ma esso è giustamente più noto perché si propone di proteggere i difensori dell’ambiente. La sua adozione aveva quindi rappresentato una grande vittoria per l‘ambientalismo. L’accordo richiede ai governi di prevenire e indagare sugli attacchi contro i difensori ambientali, e affronta anche questioni cruciali come l’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico, l’accesso alla giustizia e la garanzia di un ambiente sicuro per i difensori dell’ambiente.

L’ex presidente colombiano Iván Duque aveva cercato di farlo approvare, ma la discussione era stata alla fine boicottata dal suo partito, il Centro Democrático. Il risultato è stato che, nonostante l’urgenza segnalata dal presidente, non se ne è fatto nulla. Finalmente il 10 ottobre il Congresso colombiano ha approvato con un solo voto contrario il disegno di legge che permette al paese di ratificare l’accordo di Escazú, che è stato firmato da 25 paesi e ratificato da 14 di loro, tra i quali Messico, Bolivia, Ecuador, Cile e Argentina. Il Cile lo aveva approvato solo recentemente, nel giugno di quest’anno con voto parlamentare.

Ora il governo di Petro potrà dimostrare se il suo impegno a protezione di chi difende l’ambiente è reale, segnando finalmente un allontanamento da un passato in cui la violenza contro i difensori è stata ignorata dalle autorità, che si sono rifiutate di intraprendere qualsiasi azione a tutela. Prima di essere firmato dal presidente, l’accordo passerà alla Corte Costituzionale che deve stabilire che non contenga nulla contro la costituzione. Un processo che si valuta durerà sei mesi.

Nelle sue scelte politiche in materia, Petro potrà essere aiutato dalla decennale esperienza di organizzazioni della società civile e dei popoli indigeni che hanno sviluppato una profonda riflessione sulle molte riforme necessarie in Colombia. Una di queste organizzazioni, Somos Defensores,  (https://somosdefensores.org/), si è spesa per garantire una protezione efficace ai difensori dei diritti umani, ritenendo responsabili le istituzioni statali, condividendo le conoscenze con le organizzazioni partner e aumentando la consapevolezza pubblica. Con altre realtà simili, Somos Defensores ha recentemente presentato un piano di emergenza per proteggere i leader sociali, i difensori dei diritti umani e i firmatari dell’accordo di pace del 2016, che include azioni per i primi cento giorni di governo.

La scelta che pare aprirsi con la ratifica dell’accordo di Escazú è quella di mettere definitivamente alle spalle le pratiche e le politiche che sono già costate la vita a troppi ambientalisti, gettando le basi per la pace e lo sviluppo sostenibile, obiettivo dichiarato del nuovo presidente colombiano.