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Trascorsa la prima metà dell’anno, l’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale del Brasile (Inpe) che raccoglie dati attraverso un sistema di tracciamento satellitare dal 2015, ha reso noto che la deforestazione dell’Amazzonia continua inarrestabile raggiungendo cifre record. In questo periodo, la più grande foresta pluviale del pianeta ha perso 3.987 chilometri quadrati di vegetazione, il 10,6% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In pratica, e solo per dare un’idea, la foresta brucia un’area equivalente a due campi da calcio ogni minuto e nello scorso giugno sono bruciati 1.120 chilometri quadrati di vegetazione, costituendo i mesi di maggio e giugno l’inizio della stagione degli incendi a causa della siccità stagionale.

A causa degli incendi che minacciano questa grande area verde, il il 59% della superficie brasiliana, vengono rilasciate grandi quantità di carbonio mentre la vegetazione viene distrutta, con l’effetto di riscaldare l’atmosfera provocando il cambiamento climatico. Nella prima metà dell’anno l’Inpe ha registrato una serie di record mese dopo mese, fino al giugno scorso quando si sono verificati 2.562 incendi, il più grande volume visto per questo mese in quindici anni.

Secondo Manoela Machado, ricercatrice sugli incendi boschivi e la deforestazione presso l’Università di Oxford, si tratta di record destinati ad essere battuti nei prossimi mesi. Dall’inizio dell’anno sono stati registrati 7.533 incendi, la cifra peggiore dal 2010 e il 17% in più rispetto allo scorso anno.

Il tutto non è per altro una casualità, dato che al centro delle critiche internazionali per quanto sta accadendo nell’Amazzonia ci sono le politiche in tema ambientale di Jair Bolsonaro, il quale ha indebolito le norme a difesa dell’area verde viste come un ostacolo allo sviluppo economico. Dal gennaio 2019, epoca in cui ha assunto la presidenza, i dati sulla deforestazione in Amazzonia sono solo aumentati.

Sebbene Bolsonaro abbia approvato diversi decreti e leggi per proteggere la foresta, ha tagliato i finanziamenti per i programmi di protezione e sorveglianza gestiti dal governo e ha consentito l’apertura di terre indigene, storicamente protette, alle attività estrattive minerarie e agricole. Secondo i dati di Climate Observatory, una rete che raccoglie più di settanta organizzazioni ambientaliste, la principale agenzia pubblica brasiliana per la protezione dell’ambiente ha speso solo il 41% del budget destinato alla sorveglianza nel 2021. Il tasso di deforestazione supererà di nuovo i diecimila chilometri quadrati nel 2022, una cifra che non si registrava dal lontano 2008.