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Il governo cileno ha annunciato di aver restituito 172 ettari a famiglie mapuche situate nel sud del Paese. Si tratta della prima restituzione di terre ancestrali fatta dal governo di Gabriel Boric che ha interessato una cinquantina di famiglie che vivono nel comune di José María Saavedra de Freire, nella regione di La Araucanía, nel sud del Cile, una zona dove si sono registrate recentemente tensioni e violenze.

Il provvedimento ha interessato una comunità che è composta da un gruppo di residenti nel settore Mahuidache, fondata il 23 settembre 2000, ed è stato attuato lo scorso 17 luglio quando il ministro dello Sviluppo sociale e della famiglia Jeanette Vega, e il direttore della Corporación Nacional de Desarrollo Indígena (Conadi), Luis Penchuleo, hanno consegnato le terre, nel quando del “Plan Buen Vivir” promosso recentemente dal governo.

Il leader della comunità di Freire Jorge Ancavil ha affermato che la restituzione “è molto importante” poiché “sono stati necessari molti anni di attesa” per ottenere il recupero del territorio in cui “potremo svilupparsi, migliorare le condizioni di vita delle nostre famiglie, educare i nostri figli.”

“Siamo molto felici ed emozionati perché stiamo consegnando le prime terre del nostro governo ad alcune famiglie che aspettano dal 2005, – ha detto la ministra Vega – rispettando così la promessa del presidente Boric di consegnare le terre e di assicurare quel sostegno che permetta di renderle produttive, permettendo alla comunità di svilupparsi”.

Merita segnalare che la presidenza della Repubblica ha annunciato di aver raddoppiato il budget destinato alla restituzione dei territori al fine di ristabilire il dialogo con le comunità mapuche. Una decisione che potrà in qualche modo accelerare un processo che va avanti da circa trentanni in Cile. Secondo una inchiesta del quotidiano cileno La Tercera, alla fine del 2021 lo Stato durante i sette governi che si sono succeduti dal ritorno della democrazia aveva acquistato 212.000 ettari beneficiando 509 comunità indigene.

Ora il colpo di acceleratore voluto dal nuovo governo per fare fronte alla grave crisi politica che i territori mapuche stanno da tempo vivendo, reclamando la restituzione delle terre loro rubate nel corso degli anni. La restituzione era stata promossa dall’ex presidente Patricio Aylwin ed è consentita dalla legge sugli indigeni che è stata promulgata nel 1993, quindi è un diritto che lo Stato ha il dovere di continuare e rispettare.

“Come Stato abbiamo un debito storico con le popolazioni indigene e oggi stiamo facendo un passo per ricostruire la fiducia nel quadro del rispetto”, ha affermato il presidente, annunciando che gli sforzi per la restituzione territoriale saranno raddoppiati. Il conflitto in Araucanía è un conflitto armato, sociale e politico che ha comportato una serie di atti di violenza avvenuti in quella regione meridionale del Cile, compresa la violenza da parte dei corpi repressivi dello Stato che ha causato molte vittime. Iniziato nel 1997, si è protratto fino ai nostri giorni con gradi differenti di intensità, non esclusi i casi di vera e propria lotta armata e di traffico di droga e di legname da parte di formazioni mapuche che comunque non interpretano la volontà della maggioranza della popolazione indigena.