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Con l’avvicinarsi delle elezioni in Brasile, uno degli argomenti preferiti dagli organi d’informazione e dalle reti sociali è la possibilità che Bolsonaro stia preparando un colpo di Stato con l’appoggio dei militari che gli sono fedeli nel caso che il risultato di ottobre fosse favorevole a Lula.

Mentre lo scontro sta crescendo in un’atmosfera di radicalizzazione massima, l’elettorato sarà chiamato a scegliere tra l’accettazione della normalità democratica rappresentata dall’ex presidente, e l’avventura rappresentata da Bolsonaro e da alcuni settori militari che già in questa legislatura che sta per finire hanno messo sotto attacco le istituzioni della democrazia brasiliana.

Ne consegue che, nei quasi quaranta anni dalla fine della dittatura, il prossimo giro elettorale assume una importanza fondamentale, con un Paese spaccato dove da un lato è in gioco la sopravvivenza della democrazia, all’altro ci si avvia a un passaggio considerato cruciale nella lotta tra il bene e il male.

Le preoccupazioni di quello che potrebbe accadere con un secondo mandato di Bolsonaro aumentano. Sulla scorta di quanto è già successo con governanti autoritari al loro secondo mandato in giro per il mondo, sono in molti a temere che, se l’attuale presidente fosse riconfermato, il processo di erosione della democrazia subirebbe una accelerazione.

Dato che pare assodato che la riconferma sarebbe vissuta da Bolsonaro come un incentivo a proseguire su quella strada che lo ha portato ad attaccare le istituzioni opponendosi sistematicamente al potere giudiziale rappresentato dal Tribunale supremo federale.

Da quando ha occupato la carica di presidente, Bolsonaro non ha mai smesso per un attimo la sua campagna elettorale, e nonostante i seicentomila morti del COVID dovuti in gran parte alla sua pessima gestione, governa circondato da militari e con il sospetto di corruzione che pesa sui suoi figli e alleati. Ciononostante, mantiene un’immagine di politico onesto e fa presa sul suo zoccolo duro.

Lula sembra aver recuperato il vantaggio che aveva recentemente perduto e attualmente, secondo Datafolha, avrebbe dalla sua il 48% delle intenzioni di voto, mentre Jair dovrebbe accontentarsi del 27%. Ventuno punti in più per Lula, rispetto ai diciassette che aveva a dicembre, il che lo potrebbe portare, secondo i calcoli dei sondaggisti, ad una vittoria al primo turno probabilmente a causa di miglioramenti promessi in campo economico che non sono venuti.

In quest’ottica si spiega perché Bolsonaro abbia più volte avuto modo di criticare il sistema elettorale brasiliano, affermando che non è possibile che su di esso possa aleggiare il sospetto. Il Brasile ha un sistema elettorale elettronico dal 1996 che permette di conoscere i risultati la stessa notte delle elezioni. Gli attacchi da parte del presidente si sono intensificati in quella che appare ormai una chiara strategia.

Volendo seminare il dubbio sulla correttezza dei dati elettorali, Bolsonaro ha mosso pesanti accuse nei confronti del Tribunale superiore elettorale, al quale è demandata la vigilanza sul voto elettronico. Tali accuse, non provate, gli sono valse un procedimento per aver diffuso false notizie da parte del Supremo tribunale federale.

Giorni addietro, Bolsonaro è uscito nuovamente affermando che il suo Paese “può avere elezioni disturbate”. Se si uniscono queste prese di posizione con la nota affermazione fatta in passato secondo la quale queste elezioni per lui possono solo terminare con la “prigione, morte o vittoria”, i timori che Bolsonaro non accetti un risultato elettorale che gli sia sfavorevole trovano fondamento. Ed è perfettamente comprensibile che la stampa ne parli. Oggi è tornato a esaltare la sua politica tesa ad armare i civili, affermando che così potranno “difendere la Patria” da coloro che desiderano imporre un “cambio di regime” e promuovere il “comunismo”.  

Ma la situazione è più articolata. Lo scorso 21 aprile un deputato della maggioranza, Daniel Silveira, era stato condannato dal Supremo tribunale federale a otto anni e nove mesi di carcere per i suoi attacchi contro il libero esercizio della funzione giudiziale e alcuni magistrati. Un processo in cui parte importante ha avuto il giudice Alexandre de Moraes.

Subito dopo il verdetto, con proprio decreto, Bolsonaro ha concesso l’indulto al condannato, con un provvedimento che è stato giudicato eccedere i poteri presidenziali. Ma non è tutto, perché de Moraes  è il relatore presso la Corte suprema nel caso aperto contro Bolsonaro per gli attacchi sistematici portati nei social contro il sistema elettorale brasiliano. Ed è oratore in un procedimento contro l’attuale presidente su possibili sue ingerenze a beneficio di famigliari e alleati politici, oltre che sulla vicenda di hackeraggio del Tribunale supremo elettorale nel 2018. Per questo procedimento, de Moraes ha chiesto che Bolsonaro, assieme ad altri, sia indagato per rivelazione di segreti classificati. Ed è sempre lo stesso giudice che ha avviato un’indagine contro Bolsonaro per aver affermato che il vaccino anti COVID presentava il rischio di far scatenare l’AIDS.

Ciò detto, non c’è dubbio che le accuse di Bolsonaro contro il sistema elettorale e contro alcuni settori della magistratura rientrino in una unica strategia di delegittimazione di quei poteri che gli potrebbero essere ostili nella prossima scadenza elettorale. Secondo molti analisti indipendenti, ciò confermerebbe la difficile situazione vissuta dalla democrazia con il governo di Jair Bolsonaro. Ma non è tutto.

Come è noto, Bolsonaro ha formato un governo con una quantità inedita di militari. Recentemente i generali che ne fanno parte hanno reso pubblico un documento corposo che delinea un nuovo progetto di nazione per il Brasile fino al 2035, alla cui stesura ha partecipato il vicepresidente, generale Hamilton Mourão.

Non si sa se il documento sia stato condiviso con il resto dei vertici delle forze armate, ma il suo tono è oltremodo inquietante perché i firmatari si dicono disposti ad appoggiare l’elezione di Bolsonaro, proprio quando il verdetto delle urne gli sembra avverso. E contiene proposte che, qualora attuate, potrebbero far sparire la classe media passando attraverso la fine del sistema educativo gratuito che, secondo gli autori del testo, è in mano alla sinistra, e quello della sanità.

Conquiste che sono sempre state appannaggio della destra come della sinistra brasiliane. Una parte importante il documento lo riserva a proposte politiche che porterebbero alla distruzione dell’Amazzonia, la quale dovrebbe essere usata per le finalità economiche, mettendo fine alle restrizioni ambientali incompatibili con l’agricoltura e l’estrazione mineraria. Il documento si colloca in una situazione politica di grande scontro e costituisce un notevole appoggio nella battaglia che oppone l’attuale presidente a Lula.

Da parte sua, Bolsonaro continua nella strada intrapresa per smantellare le istituzioni brasiliane. In ultimo con il progetto di introdurre quello che ha chiamato “la scuola famigliare”, ovvero l’introduzione della possibilità per le famiglie di educare i propri figli a casa senza mandarli ad una scuola pubblica. Un passo indietro verso il medioevo e l’analfabetismo per la vasta estensione di poveri brasiliani che ora possono contare su un sistema di istruzione gratuito fino ai diciassette anni di età.

La “riforma” è passata al Congresso ed è in attesa di essere votata al Senato, e si iscrive nella “filosofia” dell’attuale presidente e dei suoi sostenitori secondo la quale le scuole pubbliche sono preda degli agitatori marxisti e di coloro che diffondono temi aberranti sulla sessualità e sulla diversità di genere, pervertendo i bambini. Che dia o meno vita ad un esito stile Campidoglio 2021 in caso di risultato elettorale sfavorevole, come sono in molti a temere, Bolsonaro ha già provocato una tale quantità di danni al suo Paese dai quali sarà difficile che si risollevi.