Quello del Tren Maya, il progetto di collegare i cinque stati del Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatán e Quintana Roo, è stato fin dall’ inizio il cardine dello sviluppo pensato dal presidente messicano López Obrador per il sud-est del Paese, una scommessa che prevede la costruzione di 1.554 chilometri di strada ferrata con una spesa di diecimila milioni di dollari che attraverserà la foresta maya che fa parte della foresta umida tropicale mesoamericana il cui contributo alla stabilità del clima è fondamentale.
La nuova ferrovia ad alta velocità è destinata a distruggere ettari di foresta per consentire al turismo di massa di visitare le diverse attrazioni archeologiche della zona. La mobilitazione degli ambientalisti, i costi proibitivi, i problemi geologici e con le comunità indigene non hanno a suo tempo fermato il governo, che ha deciso di far diventare questa infrastruttura un nuovo simbolo del Paese, della sua efficienza e competenza, grazie a investimenti da tutto il mondo.
Si tratta di un intervento con un alto impatto ambientale, che minaccia ecosistemi rifugio di giaguari, ocelotti, tapiri, scimmie urlatrici, scimmie ragno, coccodrilli, lamantini, pappagalli e pappagalli ara. Tutte specie che hanno bisogno di grandi territori per spostarsi, nutrirsi e riprodursi. Una volta attuato, il progetto dimezzarà il loro habitat.
La costruzione del treno genererà inevitabilmente rumore, inquinamento, estrazione massiccia di pietre, nuovi centri abitativi per i lavoratori oltre alle infrastrutture turistiche. Con gravi ripercussioni sulla biodiversità. Per il governo messicano, rappresenta invece una occasione per migliorare la qualità della vita delle persone, curare l’ambiente e favorire uno sviluppo sostenibile.
Le comunità indigene hanno a suo tempo respinto qualsiasi cambiamento dell’uso del territorio e il progetto non ha ottenuto il loro consenso dal momento che la sua realizzazione trasformerebbe zone al momento incontaminate in nuove Cancun o in una nuova Riviera Maya dove a beneficiare del turismo di massa non è la popolazione originaria, ma gli hotel, i trasporti e le catene di ristoranti.
Fin dall’inizio non sono mancate neppure le reazioni critiche da parte di organizzazioni ambientaliste come Greenpeace e delle comunità indigene che hanno visto nel progetto una minaccia letale per il complesso sistema di fiumi sotterranei, grotte e cenotes più grande del mondo che metterebbe a rischio anche la sua flora e la fauna.
Un pericolo sempre negato dal presidente messicano che esclude che la costruzione del treno possa danneggiare in qualche modo l’ambiente naturale, che ha avuto comunque inizio senza ottenere l’autorizzazione ambientale e che fino ad ora ha comportato la deforestazione di più di un chilometro di selva.
Rispetto al progetto originale, su sollecitazione degli albergatori di Playa del Carmen che temevano di veder danneggiati i propri affari, il tracciato del Tren Maya era stato deviato su un territorio delicato ricco di cenotes, le grotte carsiche parzialmente o totalmente collassate, simili a piccoli laghi circolari o lagune. Una decisione su cui decisa era stata l’opposizione degli ambientalisti, la cui lotta sembra ora premiata dalla recente decisione con cui un giudice ha bloccato temporaneamente e in via precauzionale la costruzione della deviazione che doveva collegare Playa del Carmen a Tulum nello stato di Quintana Roo, priva anch’essa dei necessari permessi ambientali.
Il dispositivo del magistrato messicano costituisce uno smacco per Andrés Manuel López Obrador, che non ha perso occasione per criticare la decisione del giudice spingendosi ad accusare il governo degli Stati Uniti colpevole di finanziare i gruppi che operano contro il suo esecutivo e le associazioni ambientaliste. In attesa di conoscere le ragioni del blocco della costruzione onde poter impugnare a livello legale il provvedimento, e senza che lo stesso sia stato notificato fino ad ora al governo, i lavori della contestata deviazione, ha precisato il presidente messicano, continuano.
Al di là dell’esito finale che potrà avere la vicenda giudiziaria e quindi il destino del progetto, almeno nella parte che riguarda la sua deviazione, un sicuro intoppo alla narrazione del presidente messicano che recentemente si è sottoposto a un inedito referendum sulla sua permanenza al potere che ha registrato una partecipazione tra il 17 e il 18,2% dei 93 milioni di elettori. Un netto risultato a favore del presidente, secondo il capo di Morena, il partito che lo sostiene. Un netto flop per l’opposizione, che ha tacciato tutta l’operazione di mancanza di legalità.