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Il 7 novembre il Nicaragua va alle urne per eleggere il presidente che governerà il Paese nei prossimi cinque anni e 92 deputati dell’Assemblea Nazionale. Daniel Ortega, che ha governato dal 1985 al 1990, indi ininterrottamente dal 2007 a tutt’oggi grazie ad una riforma della Costituzione che gli ha consentito di ricandidarsi all’infinito, si ripresenta in coppia con Rosario Murillo, vice presidente nonché compagna di vita.
 
Dopo lo scoppio della rivolta popolare contro il regime dell’aprile 2018, Ortega ha fatto approvare dal maggio scorso alcune riforme elettorali che limitano la partecipazione cittadina, trasformato il tribunale elettorale in uno strumento controllato dall’esecutivo, eliminato il controllo da parte di osservatori internazionali, e messo fuori legge due partiti dell’opposizione. Non soddisfatto, ha fatto mettere in carcere i sette principali pre candidati oppositori alle presidenziali, tra cui Cristiana Chamorro, che avrebbe potuto avere buone chance di batterlo.
 
In carcere sono finiti anche altri oppositori, tra cui anche alcuni esponenti del Sandinismo, tra cui Dora Maria Téllez, storica, politica e attivista nicaraguense, nota come “Comandante Dos”, la guerrigliera che aveva liberato dal carcere della dittatura somozista lo stesso Ortega.
 
Mentre risale a pochi giorni fa la richiesta di arrestare Sergio Ramírez, suo vice presidente nel primo governo dopo la liberazione, e scrittore premio Cervantes. Reo di aver criticato il regime e forse di aver recentemente pubblicato il romanzo “Tongolele no sabía bailar”, dove narra la situazione di repressione vissuta dal Nicaragua.
 
Data la situazione, l’opposizione nicaraguense, che si è spesso caratterizzata per le rivalità esistenti al suo interno, ha denunciato che non esistono le condizioni per elezioni libere in una conferenza stampa in Costa Rica, nel corso della quale ha annunciato l’avvio di una campagna per chiedere che gli elettori esprimano il loro dissenso restando a casa il giorno delle elezioni, boicottando un voto farsa. Chiedendo alla comunità internazionale di non riconoscerlo.
 
Oltre al Frente Sandinista che candida Ortega e Murillo, alle elezioni di novembre parteciperà un certo numero di piccole formazioni politiche già alleate o che già collaborano con il governo, senza avere alcuna possibilità di vincere e con il reale compito di simulare una competizione e una dialettica democratica che nei fatti non esistono.