Nel pomeriggio di oggi a Buenos Aires, il senato discuterà il progetto di legge che introduce l’aborto legale in Argentina. Frutto di lunghe lotte del movimento femminista, qualora fosse approvato, metterà finalmente fine alla pratica dell’aborto illegale. Una pratica che, dalla riconquista della democrazia ad oggi, lo ha ricordato lo stesso presidente Alberto Fernández, ha fatto più di tremila vittime per non parlare della “quantità di donne che hanno visto danneggiata la propria salute per un aborto mal fatto”.
E’ grazie all’affermarsi negli ultimi anni di un forte movimento di rivendicazione dei diritti delle donne, che la legge approda ora alla discussione del Senato. Una caratteristica che accomuna l’Argentina al vicino Cile, dove il movimento femminista ha avuto un ruolo importante nel recente fenomeno di esplosione sociale, battendosi per la nuova costituente e per la legalizzazione dell’aborto.
In Argentina il fenomeno ha avuto origine partendo con l’iniziativa “Non una di meno”, nato contro la violenza di genere e il femminicidio. Solo in seguito ha ampliato i suoi obiettivi alla legalizzazione dell’aborto e alla parità di genere.
Quella della legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza, (Interrupción Voluntaria del Embarazo in spagnolo, da cui Ive, l’acronimo con cui è conosciuto in Argentina), è stato uno dei temi della campagna elettorale di Fernández. Il progetto di legge relativo era stato approvato poco tempo fa dalla Camera dei deputati, e giunge oggi al Senato della Nazione per la seconda lettura.
Vista l’esperienza del 2018 quando un similare progetto fu bocciato dal Senato, l’esito non è comunque scontato, permanendo un lieve vantaggio del no, anche se pare diffondersi nelle ultime ore un certo ottimismo che scommette sul prevalere dell’approvazione della legge.
Di sicuro peso, quindi, è stata la presa di posizione del presidente a poche ore dall’apertura della discussione. Ricordando come la soluzione della vicenda dell’aborto sia innanzitutto “un problema di salute pubblica”, Fernández ha criticato chi non vuole dare ascolto alla realtà del problema, ostinandosi ipocritamente a negare “l’aborto come prima negava l’omosessualità”.
E come già è avvenuto per il passaggio alla Camera all’inizio di dicembre, anche questa volta è prevedibile che la capitale argentina ospiterà massicce mobilitazioni a sostegno e contro il progetto di legge presentato dal governo, soprattutto nell’area circostante il Senato che attualmente è stata chiusa al traffico e dove sono stati approntati sistemi per evitare che sostenitori del progetto di legge, riconoscibili dal colore verde, vengano a contatto con i suoi avversari, che hanno sposato il colore azzurro.
Il testo, approvato dalla Camera l’11 dicembre con 131 voti a favore, 117 contrari e 6 astensioni, permette l’interruzione della gravidanza fino alla quattordicesima settimana inclusa e prevede eccezioni oltre questo limite solo per i casi di violenza sessuale, di gestanti minori di 13 anni o in pericolo di vita.
Se il testo verrà approvato, l’intero sistema sanitario argentino, pubblico e privato, sarà obbligato a soddisfare gratuitamente la richiesta di aborto entro dieci giorni dalla data di presentazione della domanda da parte dell’interessata.
Come già è presente nel nostro ordinamento, l’obiezione di coscienza da parte del medico è ammessa, anche se non gli sarà consentito di sottrarsi all’obbligo della realizzazione della pratica. Accompagna la legge un “Programma dei mille giorni”, che punta alla tutela delle donne che scelgono di portare avanti la gravidanza “rafforzando le cure integrali della donna durante la gestazione e dei suoi figli durante i primi anni di vita”.
Contraria la Conferenza episcopale argentina, secondo la quale, nell’imperversare della pandemia, il Paese avrebbe altre priorità, a tal punto da rendere “inopportuno” il dibattito che si apre oggi, tenuto conto di “una crisi eccezionalmente grave e complessa” che richiede di “porre le migliori energie nel risolvere i problemi”.
E’ probabile che l’esito della votazione si saprà domani. Se positivo, l’Argentina farà da apripista in America Latina offrendo un valido sostegno ai movimenti femministi a partire da quello cileno. E soprattutto sarà stata capace di cambiare la visione che fonda il funzionamento del sistema sullo sfruttamento delle donne.
“Se il parlamento approva la legge, l’Argentina potrà lasciarsi alle spalle la strada della minaccia penale e della diseguaglianza e percorrere quella della giustizia sociale e dell’esercizio dei diritti”, si legge nel testo della legge in discussione.