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Da lunedì della scorsa settimana la maggioranza delle strade della Bolivia sono bloccate da contadini e da lavoratori mobilitati dalla potente Central Obrera Boliviana (COB). Il motivo della protesta che ha isolato le grandi città del paese impedendo i rifornimenti è lo slittamento delle elezioni presidenziali dal 6 settembre al 18 ottobre, deciso dal Tribunale Supremo Elettorale (TSE) a causa dell’epidemia di coronavirus che sta colpendo il paese andino.

Oltre a protestare per il rinvio delle presidenziali, la mobilitazione ha l’obiettivo di ottenere le dimissioni di Jeanine Áñez, giunta alla presidenza il 12 novembre del 2019 dopo la rinuncia di Morales e l’ondata di dimissioni degli uomini a lui vicini che occupavano cariche istituzionali.

Scontri si sono verificati in alcune zone del paese come Santa Cruz, dove gruppi rivali si sono affrontati, contribuendo a gettare la Bolivia nel caos in un momento in cui deve affrontare la grave crisi sanitaria dell’epidemia.  

Secondo Carlos Mesa, candidato presidente per Comunidad Ciudadana, dietro la protesta si celano l’ex presidente Evo Morales e l’attuale candidato alla presidenza per il Movimiento al Socialismo (MAS) Luis Arce, che puntano alla destabilizzazione del paese e a seminare il caos impedendo persino il passaggio delle autoambulanze e la distribuzione dell’ossigeno necessario ai numerosi malati di Covid-19.

Dato per favorito negli ultimi sondaggi, il MAS, grazie all’occasione offerta dallo schieramento opposto che si presenta diviso, potrebbe vincere al primo turno, dal momento che la costituzione boliviana assegna la vittoria alla formazione politica che ha raggiunto il 40 per cento dei voti con un distacco del dieci per cento sul partito risultato secondo. Un risultato che la dirigenza del MAS da per scontato, e che non perde occasione per sbandierare ai quattro venti.

Risulta quindi chiaro perché il suo candidato Luis Arce si sia espresso già sabato scorso a favore di un immediato ritorno alle urne, accantonando l’obiettivo delle dimissioni di Añez che implicherebbero la nascita di un nuovo governo provvisorio con il compito di convocare nuove elezioni.

Se si puntasse alle dimissioni dell’attuale presidente, ha spiegato Arce a radio San Gabriel, il risultato sarebbe “un periodo più lungo di incertezza fino a quando ci sarà un governo democraticamente e legittimamente eletto”.

Alla proposta di Arce si è aggiunta oggi da Buenos Aires quella di Evo Morales, il quale ha esortato i manifestanti a “optare responsabilmente tra la rinuncia di Añez che posticiperebbe ancor più il nostro ritorno alla democrazia o elezioni subito con la garanzia delle Nazioni Unite”.

Con questa presa di posizione, Morales si è detto favorevole a un accordo tra i movimenti sociali ed il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) “per fissare per legge una data delle elezioni definitiva ed inamovibile”.

 

A spostare le elezioni era stato il timore che la data originaria del 6 settembre coincidesse con il picco dell’epidemia di coronavirus, atteso in autunno. Dal canto loro, i rappresentanti del Mas temono che un nuovo ritardo nell’apertura delle urne possa prorogare ulteriormente la chiusura della crisi politica nata con le dimissioni di Morales a ottobre scorso, prolungando oltre i termini di legge il contestato mandato ad interim della presidente Añez.

L’ultima mossa di Evo fa seguito a due tentativi di dialogo andati a vuoto nel fine settimana quando al tavolo di domenica erano presenti rappresentanti del governo, della Chiesa cattolica, delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e del sindacato del trasporto pesante.

 

L’assenza dei presidenti di Camera e Senato, militanti del Mas, di altre forze politiche del parlamento e dei dirigenti dei principali sindacati, responsabili delle agitazioni registrate negli ultimi giorni, ha determinato un nulla di fatto, favorendo l’aumento della tensione nel paese per i blocchi stradali.  


In precedenza era fallito un altro tentativo cui avevano partecipato rappresentanti delle opposizioni e la dirigenza del Tribunale Supremo Elettorale, nonostante si fosse concordato sull’idea di lavorare “su una nuova legge che, in maniera consensuale e concertata, garantisca lo svolgimento delle elezioni generali”.

 

Pur in presenza dell’impegno del presidente del TSE Salvador Romero di celebrare il voto” nel 2020, in modo tale che le nuove autorità si insedino già quest’anno”, non si era trovata la mediazione su una nuova possibile data di apertura delle urne.

 

Ora, la presa di posizione di Morales non dovrebbe rimanere inascoltata da parte dei manifestanti e potrebbe sbloccare la situazione. Mentre Añez ha deciso di convocare per oggi una nuova riunione con le parti sociali per mettere fine alla grave crisi.

 

“Propongo una commissione per esplorare il dialogo con tutti i settori della società. Mi pare umiliante che in questa situazione ci siano conflitti sociali che come unico risultato hanno quello di aumentare i contagi e i malati”, ha detto la presidente denunciando i blocchi stradali e le manifestazioni promosse dal fronte contrario al rinvio del voto.