A parte l’appoggio incondizionato dell’Argentina dell’ultra destro Javier Milei, e di quello del Paraguay governato dalla destra del presidente Santiago Peña Palacios, quali sono le posizioni dei maggiori paesi latinoamericani nei confronti della situazione nella striscia di Gaza? Per il Brasile, domenica scorsa il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha rilasciato una dura dichiarazione in cui ha ribadito la sua accusa che Israele commette un “genocidio” contro il popolo palestinese. “Quello che vediamo a Gaza oggi è vendetta. L’unico obiettivo dell’attuale fase di questo genocidio è quello di privare i palestinesi delle condizioni minime di vita, con l’obiettivo di espellerli dal loro legittimo territorio”, ha detto Lula.
Lo scorso maggio il Brasile aveva ritirato il suo ambasciatore a Tel Aviv, a distanza di alcuni mesi da che Lula è stato considerato persona non grata dal governo israeliano dopo aver paragonato l’offensiva militare di quel paese all’Olocausto nazista. “Quello che sta accadendo a Gaza con il popolo palestinese non ha eguali nella storia. In effetti, è successo quando Hitler ha deciso di uccidere gli ebrei”, ha detto allora Lula. Il presidente brasiliano ha anche criticato il silenzio dei paesi occidentali di fronte alla crisi umanitaria a Gaza, lodando le nazioni del Sud del mondo per la loro posizione più attiva a favore di un cessate il fuoco.
La Colombia, oltre a paragonare l’offensiva israeliana alle pratiche del nazismo e accusare il governo di Benjamin Netanyahu di commettere atti di “genocidio” a Gaza, ha interrotto le relazioni diplomatiche con Israele un anno fa. E questa settimana, il paese sudamericano ha dato una nuova dimostrazione di sostegno al popolo palestinese, nominando il primo ambasciatore nei territori palestinesi, un anno dopo aver ordinato l’apertura di un’ambasciata a Ramallah. La decisione rafforza la posizione colombiana che ritiene che la soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi è la creazione di due Stati.
Il presidente del Cile, Gabriel Boric, ha annunciato il ritiro degli addetti militari dalla sua ambasciata a Tel Aviv per protestare contro quella che ha definito un’operazione militare “sproporzionata e indiscriminata”. “Il governo cileno chiede a Israele di cessare la sua operazione militare nel territorio palestinese occupato, consentire l’ingresso di aiuti umanitari e rispettare il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”, afferma la dichiarazione rilasciata questa settimana dal presidente. Boric esorta anche il governo di Netanyahu a rispondere alla “gravissima situazione umanitaria che la popolazione palestinese sta vivendo oggi nella Striscia di Gaza”. Il Cile è il paese in cui vive la più grande comunità palestinese al di fuori del Medio Oriente.
Come il Brasile e la Colombia, anche il Cile si è unito alla denuncia presentata dal Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia (CIJ), in cui Israele è accusato di genocidio a Gaza.
In Messico, la presidente Claudia Sheinbaum ha condannato la nuova ondata di bombardamenti nella Striscia di Gaza da parte di Israele, ma ha evitato di rispondere sulla possibilità che il Messico interrompa i rapporti con il governo israeliano. “Non siamo d’accordo (con la violenza). Prima di tutto, condanniamo. La seconda cosa, quello che cerchiamo è la pace ed è la politica estera del nostro paese. Quindi, quello che cerchiamo è costruire la pace”, ha detto il presidente durante una sua recente conferenza stampa mattutina.